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Addio alla stampa? Il futuro del libro è digitale

Non sarà un editto improvviso né una rivoluzione dall’oggi al domani. Eppure, nel silenzio con cui i dati ambientali vengono ignorati e nella crescita costante del digitale, qualcosa sta già cambiando. La stampa cartacea, pilastro della cultura moderna, potrebbe avviarsi verso una riduzione significativa, forse irreversibile. Non per moda, non per capriccio del mercato, ma per necessità ambientale. Ogni libro ha una sua storia, ma anche un costo ecologico. La produzione della carta richiede energia, acqua, sostanze chimiche, trasporti e, soprattutto, alberi. Anche nelle filiere certificate e sostenibili, l’impatto ambientale è tutt’altro che trascurabile. Ma c’è un dato che pesa più di altri: una parte considerevole dei libri stampati finisce invenduta, e spesso distrutta. In Italia, secondo alcune fonti, più della metà dei libri pubblicati non viene acquistata e rischia di essere eliminata nel giro di tre mesi dal lancio. In Francia, nel biennio 2021,2022, il 13% dei libri spediti è stato distrutto, pari a circa 25.000 tonnellate. E su 36.900 tonnellate di resi, il 67% è finito comunque fuori dal circuito commerciale. Anche nei cataloghi delle case editrici più attente, il 30% degli invenduti è destinato al macero, mentre il restante viene donato. La portata di questo spreco non è solo simbolica: implica costi energetici, logistica, stoccaggio, trasporti, smaltimento. E tutto questo mentre le pressioni ambientali ci spingono a ridurre ogni attività non essenziale.

L’orizzonte non è prossimo, ma nemmeno remoto. Tra alcuni decenni, la combinazione di tre fattori, normativo, tecnologico ed economico, potrebbe accelerare la contrazione della stampa cartacea a livello globale. Sul piano normativo, le politiche ambientali stanno già stringendo la presa. L’Unione Europea, ad esempio, sviluppa strategie sempre più restrittive sul fronte dell’economia circolare. In un contesto dove ogni tonnellata di CO₂ conta, la stampa editoriale potrebbe essere considerata un lusso, non una necessità. La tecnologia, poi, non aspetta nessuno. Gli e-reader diventano più sofisticati, i tablet più leggeri, le piattaforme di lettura sempre più intuitive. I contenuti si smaterializzano e si arricchiscono: testo, audio, video, intelligenza artificiale che adatta la lettura ai gusti e ai ritmi del lettore. Se il digitale diventa anche più interessante del cartaceo, la battaglia è già segnata. Infine, c’è l’economia. La stampa, specie su piccola scala, è costosa. Richiede processi industriali, logistica, resi, magazzino. Il digitale, al contrario, offre margini più alti, una distribuzione istantanea e costi marginali vicini allo zero. Per gli editori, e per i lettori, il passaggio diventa questione di convenienza, oltre che di coscienza.

Nonostante tutto, è difficile immaginare la completa estinzione del libro fisico. Sarebbe come pensare che la pittura sia scomparsa dopo la fotografia, o che il vinile sia morto con lo streaming. Esisteranno ancora volumi stampati, ma il loro status cambierà. Diventeranno oggetti speciali, legati all’edizione artistica, alla collezione, all’affetto. Probabilmente saranno più costosi, più curati, più rari. Non più strumenti di massa per la diffusione del sapere, ma artefatti per intenditori, o copie simboliche di opere nate altrove: su schermo, in cloud, nel flusso continuo dell’universo digitale.

La fine della stampa di massa non avverrà con un bando ministeriale, ma con un lento scivolamento del mercato. I dati parlano di una preferenza crescente per il digitale tra le nuove generazioni, che non associano la lettura all’odore della carta, ma alla libertà di portare con sé mille volumi in un dispositivo sottile. Quel che ci attende, allora, non è una catastrofe culturale, ma una trasformazione profonda, forse persino salutare. Un mondo in cui il sapere continua a circolare, ma in forme più leggere, meno impattanti, più veloci. La stampa, in questo futuro, non sarà abolita. Sarà semplicemente superata.