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La nuova corsa all’oro è l’AI: OpenAI supera ogni record

Non si tratta soltanto di numeri da capogiro, ma del chiaro segnale che una nuova era dell’innovazione si sta consolidando a ritmi inediti. OpenAI, la creatura che ha dato vita a ChatGPT, ha concluso un’intesa con un gruppo di investitori per raccogliere la cifra monstre di 40 miliardi di dollari, portando la valutazione della società a 300 miliardi. Il principale artefice di questo nuovo capitolo è SoftBank, colosso giapponese che da anni intreccia il proprio destino con le tecnologie emergenti.

Il finanziamento proietta OpenAI in una ristretta cerchia di giganti privati, al fianco di nomi come SpaceX e Bytedance. L’obiettivo dichiarato va oltre il dominio del mercato, mira a costruire una super intelligenza artificiale capace di superare l’intelletto umano e rivoluzionare ogni settore della conoscenza e della produzione. Parte consistente di questo capitale, si parla di 18 miliardi, sarà destinata a Stargate, ambiziosa joint venture annunciata pubblicamente a gennaio, che vede coinvolti anche Oracle e lo stesso SoftBank.

Il contesto, però, non è privo di frizioni. L’offerta rifiutata da Elon Musk, 97,4 miliardi per l’acquisizione di OpenAI, ora sembra una provocazione inascoltata, una mossa destinata a fallire sin dal principio. La replica dell’azienda, netta e ironica, è rimbalzata sui social: “No grazie, ma se vuoi vendere Twitter a 9,74 miliardi, ne possiamo parlare”, ha scherzato Sam Altman. I rapporti tra i due cofondatori sono da tempo tesi. Musk ha abbandonato OpenAI nel 2018, ma non ha mai smesso di seguirne l’evoluzione con interesse e una certa preoccupazione.

È proprio la trasformazione del modello societario a tenere banco nelle ultime settimane. Una parte dei fondi è subordinata al passaggio formale da organizzazione non-profit a società a scopo di lucro convenzionale, passaggio che non tutti i protagonisti del progetto originario sembrano voler accettare. Musk ha già avviato azioni legali, accusando OpenAI di aver snaturato la propria missione originaria e di agire in modo opaco in tandem con Microsoft, che resta il più potente alleato esterno di Altman.

Le dichiarazioni del CEO non lasciano spazio a retromarce. Secondo Altman, il nuovo capitale permetterà all’azienda di “andare oltre i confini della ricerca sull’intelligenza artificiale” e accelerare verso un futuro in cui la scoperta scientifica sarà guidata da sistemi autonomi sempre più sofisticati. In un post pubblicato sul blog ufficiale, il CEO ha dipinto uno scenario in cui gli strumenti superintelligenti diventeranno alleati quotidiani dell’umanità, aumentando benessere, produttività e creatività.

Nel frattempo, la penetrazione dei prodotti OpenAI nella vita digitale di milioni di utenti ha raggiunto cifre vertiginose: 20 milioni di abbonati paganti, un milione di nuovi utenti in un’ora e circa 700 milioni di utenti attivi mensili. L’ultima funzione lanciata, capace di generare immagini direttamente dal chatbot, ha scatenato un entusiasmo virale, con politici, influencer e celebrità che hanno iniziato a ritrarsi nello stile incantato dello Studio Ghibli.

E questo, a quanto pare, è solo l’inizio.

Il progetto Stargate, annunciato insieme a Oracle e SoftBank, prevede investimenti per almeno 500 miliardi di dollari in infrastrutture negli Stati Uniti nei prossimi quattro anni. Parallelamente è nata SB OpenAI Japan, nuova joint venture dedicata ai servizi aziendali avanzati, segno che la strategia si muove su più assi, dalla ricerca pura alla penetrazione commerciale globale.

In questo contesto, l’eventuale passaggio a una struttura di “public benefit corporation”, una società for-profit ma con obiettivi di utilità pubblica, potrebbe rappresentare una sintesi tra le esigenze dei finanziatori e le promesse originarie della fondazione. Tuttavia, se tale riforma non sarà completata entro l’anno, SoftBank potrebbe decidere di ridurre la propria esposizione a 20 miliardi.

OpenAI continua a definire il baricentro del dibattito tecnologico mondiale. Mentre i suoi strumenti evolvono, la posta in gioco è diventata tanto alta da riscrivere non soltanto le regole dell’economia digitale, ma anche quelle, più sottili e meno misurabili, della nostra immaginazione.