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Impatto dell’AI generativa sui lavori intellettuali e creativi digitali (2024-2030)

In pochi anni, l’intelligenza artificiale generativa è passata dal ruolo di promessa sperimentale a quello di strumento concreto, capace di incidere profondamente sulle professioni creative e digitali. Oggi, circa l’80% della forza lavoro negli Stati Uniti svolge compiti in cui almeno il 10% delle attività è già toccato dai modelli generativi, e quasi un lavoratore su cinque si trova a gestire mansioni in cui oltre la metà può essere affidata alle macchine. L’impatto è trasversale e colpisce soprattutto i lavori cognitivi e non di routine, comprese le professioni creative a medio-alto reddito. A differenza di precedenti ondate di automazione (che colpivano mansioni manuali o ripetitive), l’AI generativa incide su compiti di scrittura, progettazione, coding, analisi e creazione di contenuti, ridefinendo i processi di lavoro intellettuale. Di seguito una panoramica per settore:

Editoria digitale e scrittura creativa:

Redattori, copywriter, blogger e giornalisti stanno integrando l’AI nei flussi di lavoro. Quasi il 90% dei professionisti del content marketing dichiara di utilizzare strumenti di AI generativa, principalmente per brainstorming (62% dei casi), sintesi di testi (53%) e stesura di bozze (44%). Ciò significa che la generazione di articoli, post e testi promozionali avviene sempre più spesso in collaborazione con l’AI. Ad esempio, molti redattori usano ChatGPT per creare una prima bozza di un articolo, che poi rifiniscono manualmente, aumentando la produttività. Nel giornalismo l’adozione è più cauta ma in crescita: nel 2024 si è osservato un aumento significativo dei giornalisti che sperimentano attivamente queste tecnologie (dal 15% al 33% in fase di “esplorazione” in un solo anno).

Automazione delle mansioni: l’AI può produrre rapidamente comunicati, sintesi di notizie o descrizioni, automatizzando una parte significativa (spesso citata attorno al 50%) delle routine di scrittura.

Effetti sulla produttività: i tempi di redazione si riducono sensibilmente, permettendo ai creatori di contenuti di pubblicare più materiale; oltre la metà dei marketer afferma infatti di riuscire a creare contenuti in maggiore quantità (+58%) grazie all’AI, senza sacrificare la qualità​.

Evoluzione dei ruoli: l’editor diventa sempre più un curatore che supervisiona e rifinisce testi generati dall’AI, con nuove competenze richieste in prompt design, fact-checking delle informazioni fornite dalla macchina e gestione di questioni etiche (es. bias, copyright).

Design grafico e arti visive:

Anche i creativi visuali stanno abbracciando l’AI. Una ricerca globale Adobe (2024) rivela che l’83% dei professionisti creativi già utilizza strumenti generativi nel proprio lavoro​. Grazie a questi, due terzi (66%) dei designer riferiscono di produrre contenuti di qualità migliore e oltre la metà (58%) crea un volume maggiore di opere. Strumenti come generatori di immagini (Stable Diffusion, Midjourney, DALL-E) consentono di ottenere bozzetti, illustrazioni o varianti grafiche in pochi secondi, automatizzando compiti prima manuali (dal ritocco fotografico alla creazione di icone).

Automazione delle mansioni: gran parte del lavoro preparatorio – ad esempio il 78% delle immagini utilizzate dai creativi USA che hanno adottato queste tool è in parte generato dall’AI​ – viene delegata alla macchina, mentre il designer interviene a livello concettuale e di art direction.

Effetti sulla produttività: la velocità di prototipazione è aumentata esponenzialmente; si possono esplorare decine di concept grafici in ore anziché settimane.

Evoluzione dei ruoli: il ruolo del designer si trasforma in quello di regista creativo che imposta istruzioni all’AI (prompt) e poi affina il risultato. Servono competenze di controllo qualità delle immagini generate, sensibilità etica (per evitare contenuti distorsivi o non originali) e capacità di integrazione tra creatività umana e suggerimenti algoritmici.

Pubblicità e marketing:

Il settore pubblicitario sta adottando in massa l’AI generativa per creare testi pubblicitari, slogan, contenuti social e persino concept di campagne. A fine 2024, l’89% dei marketer dichiara di usare tool di AI generativa in qualche forma. In ambito pubblicitario, queste AI vengono impiegate per personalizzare messaggi su larga scala e generare varianti di annunci da testare. Ad esempio, un copywriter può ottenere dall’AI decine di versioni di un annuncio e selezionare la migliore, risparmiando tempo.

Automazione delle mansioni: vengono automatizzati compiti come la scrittura di testi promozionali, l’ideazione di slogan, la produzione di post per social media (34% dei marketer già usa l’AI per i post social), nonché l’ottimizzazione SEO (ambito in cui il 76% dei professionisti media&com ritiene che l’AI avrà impatti dirompenti).

Effetti sulla produttività: secondo Gartner, quasi la metà dei team di marketing che hanno abbracciato l’AI registra benefici notevoli in attività come l’analisi di campagne e reporting. Le attività di content marketing diventano più efficienti: brainstorming accelerato, email e landing page scritte dall’AI e poi rifinite dall’uomo.

Evoluzione dei ruoli: emergono specialisti di AI marketing capaci di gestire modelli generativi, mentre il creativo pubblicitario tradizionale diventa un orchestratore che supervisiona output multipli dell’AI (testi, immagini, video) per assicurare coerenza col brand. I manager di marketing di successo stanno incorporando l’AI nei processi creativi (l’84% dei team “high performer” la usa per sviluppo di contenuti)​, e chi la ignora rischia di rimanere indietro. Complessivamente, oggi circa il 73% delle organizzazioni marketing ha almeno iniziato ad adottare l’AI generativa nelle proprie campagne​.

Sviluppo software:

La programmazione è diventata uno dei campi di maggiore impiego per l’AI generativa, con assistant come GitHub Copilot, ChatGPT o AWS CodeWhisperer in grado di scrivere porzioni di codice su richiesta. Entro il 2024 circa il 76% degli sviluppatori nel mondo usa o pianifica di usare strumenti di AI nel proprio processo di sviluppo (era il 70% solo un anno prima, segno di un’adozione rapidissima).

Automazione delle mansioni: i compiti più ripetitivi e standardizzabili della programmazione vengono delegati all’AI – ad esempio la stesura di funzioni banali, la creazione di codice boilerplate o il completamento automatico di righe – facendo sì che una quota significativa del codice (fino al ~50%) sia direttamente generata dall’AI nei progetti in cui è impiegata. (Google ha riportato che già nel 2023 circa il 25% del loro nuovo codice era prodotto dall’AI).

Effetti sulla produttività: i guadagni in efficienza sono notevoli. Studi sperimentali mostrano che i programmatori con Copilot completano le attività di coding fino al 55% più velocemente di chi non lo utilizza​. Inoltre, non è solo una questione di velocità: il 74% degli sviluppatori riferisce di sentirsi meno frustrato durante la scrittura di codice con AI e di potersi concentrare su problemi più appaganti, delegando i dettagli implementativi alla macchina​. Anche la qualità del lavoro può migliorare: per esempio, il codice scritto con assistenti AI ha tassi di approvazione leggermente superiori nelle revisioni rispetto a codice interamente umano, segno che l’AI aiuta a evitare alcuni errori comuni.

Evoluzione dei ruoli: il mestiere del programmatore sta mutando da “scrittore di codice” a “validatore e architetto”. Le competenze più richieste divengono la comprensione dei sistemi (saper suddividere un problema complesso in moduli, come nota il CEO di GitHub​) e la capacità di guidare l’AI attraverso prompt ben formulati e controllarne l’output. Lo sviluppatore oggi insegna all’AI cosa fare e poi controlla che il codice generato sia corretto, sicuro e performante. Come sintetizza il CEO di GitHub, presto “l’80% del codice verrà scritto da Copilot” – senza per questo “rimpiazzare lo sviluppatore”, che resterà fondamentale per orchestrare e rifinire il risultato​.

Musica e produzione audio:

L’AI generativa sta iniziando a lasciare il segno anche nella creazione musicale e sonora, sebbene qui l’adozione sia più agli inizi rispetto ad altri settori creativi. Nel 2024 circa il 25% dei produttori musicali utilizza già strumenti di AI in qualche fase del processo produttivo – ad esempio per generare melodie di base, suggerire progressioni armoniche, creare suoni o basi ritmiche. Tuttavia, l’uso pienamente “autonomo” dell’AI in musica rimane raro: solo il 3% dei producer intervistati afferma di usare l’AI generativa per comporre brani completi senza intervento umano. La maggior parte vuole conservare il controllo creativo (ben l’82% è restio ad affidarsi totalmente all’AI, per preservare l’integrità artistica)​.

Automazione delle mansioni: attualmente l’AI viene impiegata soprattutto per assistere il creativo in compiti come la sperimentazione di nuovi suoni (es. generatori di sample e loop), la masterizzazione automatica di tracce audio, la trascrizione di spartiti o l’isolamento di tracce vocali. Sono attività che l’AI può svolgere velocemente, lasciando al musicista più tempo per la composizione e l’arrangiamento vero e proprio.

Effetti sulla produttività: in studio l’AI fa guadagnare tempo nella post-produzione e può fornire ispirazione istantanea (es: generare 10 idee di melodia su cui il compositore sceglie e lavora).

Evoluzione dei ruoli: si delineano figure come il music AI engineer, esperto nell’uso di algoritmi per sound design. Il produttore tradizionale arricchisce il proprio skillset imparando a far coesistere input generati da algoritmi con la performance umana, mantenendo originalità e personalità nel pezzo finale. La sfida creativa ed etica (es. evitare plagio di stile, gestire diritti d’autore di brani generati) diventa parte integrante del lavoro.

Contenuti video e animazione:

La generazione di video mediante AI è agli albori ma promette di trasformare profondamente l’industria audiovisiva. Già oggi si usano modelli di sintesi video per creare brevi clip da testo (es. strumenti di text-to-video emergenti) e avatar digitali capaci di recitare script automaticamente (utili per video corporate, news automatizzate, ecc.).

Automazione delle mansioni: alcune redazioni hanno introdotto anchorman virtuali generati da AI per notiziari 24/7; nel montaggio video, algoritmi intelligenti tagliano e uniscono scene in base a sceneggiature fornite. Sebbene ad oggi la quota di contenuti video interamente generati da AI sia piccola, il trend è in crescita: il mercato dei “video generator” ad AI valeva circa 0,55 miliardi $ nel 2023 e sta crescendo ~20% annuo.

Effetti sulla produttività: per content creator e montatori questo significa poter produrre video semplici (es. spiegazioni animate, demo di prodotto) con costi e tempi drasticamente ridotti. Un team marketing può ottenere uno spot pubblicitario base dall’AI in poche ore e poi rifinirlo, attività che tradizionalmente richiedeva giorni di lavoro di grafici e videomaker.

Evoluzione dei ruoli: in futuro il videomaker diventa in parte un tecnologo, che sa impostare sistemi generativi multimodali (testo+immagini+audio) per realizzare storyboard completi. Cresce l’importanza di competenze di post-produzione e controllo di qualità: l’occhio umano dovrà verificare coerenza visiva, correzione di eventuali artefatti dell’AI e aggiungere quel tocco creativo che rende il video coinvolgente. Sul fronte attoriale, la presenza di avatar e deepfake richiederà nuove normative e professionisti dedicati (ad es. consulenti legali per l’AI nell’intrattenimento, per gestire diritti di immagine e tutela della privacy).


Come si vede, in tutti questi settori l’AI generativa sta principalmente automatizzando le mansioni ripetitive o di base, potenziando al contempo la capacità produttiva dei lavoratori creativi. Più che sostituire interamente le figure professionali, l’AI ne sta cambiando gli strumenti e le competenze: il copywriter lavora con un co-autore virtuale, il grafico con un “assistente” che genera bozze, il programmatore con un copilota intelligente. Questo porta vantaggi di efficienza ma anche sfide. Da un lato, l’AI complementa le abilità umane – rendendo milioni di lavoratori più produttivi, creativi, informati ed efficienti – e può persino migliorare la soddisfazione lavorativa (delegando all’automazione i compiti meno gratificanti). Dall’altro lato, esiste il rischio che le aziende utilizzino queste tecnologie per automatizzare in toto alcune posizioni, con potenziali perdite occupazionali e devalorizzazione di competenze tradizionali​. Ad esempio, se un copywriter diventa in grado di sfornare 10 volte più testi con l’AI, una parte di essi potrebbe ritenere di non avere più bisogno di un intero team di redattori – il che rende concreta la riduzione di organico in alcuni contesti. In effetti, casi di sostituzione sono già documentati: nel 2023 non sono mancati licenziamenti attribuiti (anche indirettamente) alla convenienza di ChatGPT rispetto a impiegati umani. Questo dualismo opportunità vs. rischio caratterizza la fase attuale: produttività e creatività aumentano, ma sorge per i lavoratori la necessità di adattare i propri ruoli per rimanere rilevanti.

Un importante effetto immediato dell’adozione dell’AI è infatti l’evoluzione dei ruoli e delle competenze richieste. La maggior parte dei professionisti comprende che per prosperare nell’era dell’AI occorre aggiornarsi: nel marketing, ad esempio, il 76% dichiara di dover acquisire competenze specializzate per restare al passo con l’AI. Stiamo già assistendo alla nascita di nuove figure professionali, come i prompt engineer (specialisti nel formulare input efficaci per i modelli generativi), gli esperti in etica dell’AI e i data curator che preparano e sorvegliano i dati usati da queste intelligenze. Parallelamente, competenze “soft” come creatività strategica, pensiero critico e capacità di supervisione diventano ancora più cruciali – poiché l’AI, pur potente, non possiede intuito, sensibilità culturale né giudizio etico autonomo.

Proiezioni future a cinque anni (2025-2030)

Guardando avanti fino al 2030, gli analisti concordano sul fatto che l’AI generativa avrà un impatto sempre più pervasivo su tutti i lavori intellettuali, creativi e artistici in ambito digitale. Già nel breve termine (entro il 2027) i datori di lavoro si aspettano che oltre il 40% delle attività lavorative totali siano svolte da macchine o algoritmi – una quota in netta crescita rispetto ad oggi. Entro il 2030 è plausibile che si superi la soglia del 50% delle mansioni automatizzate, soprattutto grazie ai progressi dell’AI generativa nei compiti cognitivi complessi (produzione di testi, coding avanzato, progettazione grafica e così via). In effetti, se finora l’automazione aveva colpito principalmente lavori manuali, nei prossimi anni gran parte di ragionamento, comunicazione e coordinamento – abilità tipiche dei “colletti bianchi” creativi – potranno essere in parte svolte dall’AI​. Ciò non significa la sparizione in massa dei lavori creativi, ma una loro trasformazione profonda e, in alcuni casi, un ridimensionamento quantitativo.

Editoria, marketing e contenuti testuali:

Entro il 2030 l’uso dell’AI per generare testi diventerà prassi quotidiana per scrittori, giornalisti, pubblicitari e autori. Se oggi quasi il 90% dei content marketer usa già l’AI​, possiamo aspettarci un’adozione vicina al 100% nel giro di pochi anni anche tra gli autori di altri ambiti. Alcuni osservatori spingono la previsione ancora oltre: ad esempio, l’Innovation Lab di Europol ha stimato che entro il 2025 il 90% dei contenuti online potrebbe essere prodotto con l’aiuto dell’intelligenza artificiale. Anche se questa cifra può sembrare estrema, indica la direzione del trend: la quasi totalità dei testi digitali sarà almeno in parte “AI-assisted”. In pratica, nel 2030 la maggior parte degli articoli giornalistici, dei post sui social, delle descrizioni di prodotto e perfino delle opere letterarie potrebbe vedere un coinvolgimento dell’AI in fase di bozza o editing. Questo comporterà enormi vantaggi di produttività (quantità e velocità di pubblicazione ancora maggiori) ma anche problematiche di qualità e attendibilità: distingure contenuti originali da quelli generati diventerà arduo, alimentando la necessità di sistemi di verifica (ad es. watermark digitali per tracciare l’origine dei testi).

Automazione vs ruoli umani: la figura del redattore/editor sarà sempre cruciale, ma il suo focus sarà validare fatti, apportare stile e creatività distintiva al testo generato. È probabile che alcune posizioni entry-level (p.es. redattori di base, correttori di bozze) diminuiscano di numero, mentre aumenterà la domanda di specialisti capaci di gestire redazioni automatizzate e di fact-checker per controllare gli output dell’AI. In pubblicità, l’AI permetterà campagne altamente personalizzate: entro il 2030 la maggior parte degli annunci online potrebbe essere scritta e ottimizzata dinamicamente da algoritmi (già si prevede che entro il 2032 gli ads generati dall’AI varranno circa 15% della spesa pubblicitaria digitale globale, pari a ~$190 miliardi​). I pubblicitari umani si concentreranno sulle strategie creative generali, lasciando all’AI la produzione delle varianti e l’adattamento ai singoli target.

Design e industria creativa visiva:

Nell’ambito grafico e del design, la traiettoria indica una integrazione completa degli strumenti generativi in tutti i software di progettazione entro pochi anni. Già Adobe sta inserendo funzioni di Firefly (la sua AI) direttamente in Photoshop e Illustrator. Entro il 2030, un grafico potrebbe generare immediatamente layout, illustrazioni o modelli 3D tramite AI e poi modificarli a mano: il confine tra creazione umana e generazione automatica diverrà labile. Ci si attende dunque un’enorme impennata della produttività: creativi singoli potranno realizzare in poco tempo volumi di contenuti che prima richiedevano interi team. Il mercato dei tool generativi riflette questa crescita: ad esempio, il giro d’affari dei software di generazione immagini è proiettato da ~9 miliardi $ nel 2024 a oltre 60 miliardi $ nel 2030​, segno che tali strumenti saranno onnipresenti. Evoluzione del ruolo del designer: l’artista digitale del 2030 sarà in gran parte un direttore creativo aumentato dall’AI. Le competenze di disegno manuale potrebbero diventare meno essenziali in molti contesti, sostituite da capacità di visual prompt engineering (saper descrivere alla macchina l’immagine desiderata) e di curatela estetica (scegliere tra decine di generazioni quella più efficace). Nonostante ciò, il tocco umano resterà distintivo nelle fasi finali: la sensibilità artistica e l’originalità autentica di un designer umano saranno ancora valorizzate, specialmente in progetti di alto profilo dove l’omologazione “stile AI” va evitata. Inoltre, vedremo probabilmente nuove figure ibride, ad esempio l’AI art trainer: professionisti che addestrano modelli sull’estetica di un brand o di un artista per generarne di nuovi contenuti in quello stile (con tutte le implicazioni di copyright del caso).

Software e programmazione:

Nel 2030 il coding sarà un’attività fortemente accelerata e supportata dall’AI. Secondo le proiezioni di esperti del settore, tra cinque anni un programmatore potrebbe farsi generare dall’AI la maggior parte del codice e fungere principalmente da supervisore. Il CEO di GitHub già nel 2023 ha affermato che presto “l’80% del codice sarà scritto da Copilot”​; entro il 2030 questa previsione potrebbe avverarsi su larga scala. Significa che per molte applicazioni il ruolo umano sarà di definire specifiche, architettura e controllare l’operato dell’AI, intervenendo solo per le parti davvero innovative o critiche. Ciò abiliterà una enorme accelerazione nei cicli di sviluppo software: nuove funzionalità e prodotti saranno costruiti in settimane invece che mesi. Dal punto di vista occupazionale, avremo una crescente domanda di ingegneri del software con competenze di AI (già tra i lavori a più rapida crescita, +40% entro il 2027 secondo il World Economic Forum​) e di meno sviluppatori dedicati solo al coding di basso livello. Tuttavia il numero complessivo di sviluppatori potrebbe non calare drasticamente, perché il software penetrerà in ancora più settori (grazie anche al fatto che l’AI abbassa le barriere d’ingresso alla programmazione). Piuttosto, assisteremo a un upskilling generale: i coder del 2030 saranno tutti un po’ data scientist e un po’ architetti di sistema. Nuovi ruoli e produttività: la funzione di debugging e verifica del codice generato diventerà centrale (l’AI potrebbe generare anche errori sottili difficili da scovare). Paradossalmente, l’abilità di leggere, comprendere e migliorare codice scritto da altri (in questo caso, dall’AI) sarà ancora più importante. In definitiva, l’output per sviluppatore potrebbe moltiplicarsi (alcune stime indicano addirittura +10x in certi task), liberando tempo per concentrarsi su design di alto livello, algoritmi innovativi e interazione con gli stakeholder di business.

Musica e settore audio:

Nei prossimi cinque anni è attesa una maturazione significativa degli strumenti di AI generativa musicale. Il mercato globale di queste tecnologie musicali dovrebbe crescere a circa 3 miliardi $ entro il 2030 (dal valore di ~$0,64 miliardi nel 2024)​, con un tasso annuo vicino al 30%. Ciò implica che saranno disponibili piattaforme avanzate per generare brani completi su specifica (es. “musica rilassante, 3 minuti, con pianoforte e violini”), per clonare timbri vocali famosi, o per comporre colonne sonore personalizzate in tempo reale per videogiochi e contenuti multimediali. Adozione e impatto sui ruoli: è probabile che una quota maggioritaria di produttori musicali (>50%) utilizzerà queste AI come parte integrante della produzione entro il 2030, almeno per bozze e brainstorming sonoro. Ad esempio, un compositore di jingle pubblicitari potrebbe farsi proporre 20 idee di melodia dall’algoritmo e poi scegliere la migliore da sviluppare. Le professioni musicali tradizionali dovranno integrarsi: il songwriter collaborerà con l’AI per arrangiare pezzi in vari stili, il tecnico audio avrà strumenti di mastering automatico sempre più intelligenti.

Automazione vs creatività: la generazione di musica di accompagnamento (background music) e di stock audio sarà quasi completamente automatizzata – con possibili ricadute su musicisti che oggi vivono di commissioni per musiche generiche. Tuttavia la creatività artistica di punta (hit musicali, colonne sonore d’autore) rimarrà dominio umano, magari con l’AI come partner: già oggi artisti come Holly Herndon utilizzano modelli di AI per esplorare nuove sonorità, nel 2030 questo approccio sarà mainstream. Ci sarà anche un mercato di contenuti sintetici on-demand: l’utente medio potrebbe avere playlist musicali generate al volo su misura dei suoi gusti. In sintesi, la musica non sparirà come mestiere umano – ma i musicisti del futuro dovranno saper “duettare” con le macchine, sfruttandole come strumento creativo e mantenendo la propria originalità per distinguersi in un mare di contenuti generati.

Video, animazione e nuovi media:

Entro il 2030 ci si aspetta che l’AI sia capace di generare video di qualità sempre più elevata. I progressi attuali fanno intravedere la possibilità di creare brevi filmati o animazioni a partire da un prompt testuale (“fammi vedere una città futuristica al tramonto con auto volanti”) – capacità che oggi è limitata ma in evoluzione. Di conseguenza, in ambito media e intrattenimento, molte produzioni incorporeranno l’AI in vari stadi: sceneggiature scritte con GPT-6; pre-visualizzazioni di scene generate automaticamente per i registi; de-aging o ricostruzione di attori tramite AI (già in uso in alcuni film recenti).

Impatto sul settore: la produzione video diventerà più snella per contenuti di fascia medio-bassa (es. serie animate semplici, video educational, pubblicità locali) – un singolo creativo con AI potrebbe fare il lavoro che richiedeva un intero studio. Il mercato dei video generati dovrebbe quasi quadruplicare rispetto a oggi, sfiorando i 2 miliardi $ entro il 2030​, segno di una presenza ben consolidata.

Evoluzione dei ruoli: i videomaker tradizionali si trasformeranno in supervisori di pipeline AI: gestiranno magari più modelli (uno per sceneggiatura, uno per animazioni, uno per voce) coordinandoli per ottenere il prodotto finale. La post-produzione resterà cruciale – anzi, crescerà in importanza: rifinire dettagli, correggere imperfezioni e aggiungere creatività umana dove l’AI è ancora “piatta” farà la differenza tra un video generico e uno memorabile. Potrebbe ridursi la necessità di alcune figure tecniche (montatori, cameraman per riprese standardizzate) mentre aumenterà la richiesta di competenze in VFX (effetti speciali generati) e di esperti AI per cinema. Ci saranno poi implicazioni a livello di attori e performer: le riproduzioni virtuali (di volti, voci, movimenti) solleveranno questioni sindacali e legali – al 2030 probabilmente i contratti di attori e doppiatori includeranno clausole sul loro “digital twin” e sul suo utilizzo con l’AI. In sintesi, il settore audiovisivo nel 2030 sarà un mix di automazione spinta (per contenuti di routine o elementari) e di collaborazione uomo-macchina nelle produzioni creative, con gli esseri umani focalizzati sugli aspetti narrativi, artistici ed emotivi che l’AI non può (ancora) replicare pienamente.


Oltre alle tendenze specifiche per settore, le analisi macroeconomiche suggeriscono un forte impatto complessivo dell’AI generativa sul mondo del lavoro e sulla produttività nei prossimi cinque anni. Secondo un report Goldman Sachs, l’automazione via AI potrebbe interessare (in forma di sostituzione o cambiamento sostanziale) fino a 300 milioni di posti di lavoro a livello globale​. In termini percentuali, ciò equivale a circa il 18% delle mansioni lavorative mondiali potenzialmente automatizzate nei prossimi 10 anni. Allo stesso tempo, però, questa rivoluzione potrebbe far crescere il PIL globale del ~7% aggiungendo maggiore produttività​. In pratica, l’AI generativa promette di essere un potente motore di crescita economica e di efficienza: si stima che possa aumentare il tasso di crescita della produttività del lavoro di 1,5 punti percentuali all’anno nel prossimo decennio​. Ciò è coerente con quanto osservato in studi empirici finora: ad esempio, introdurre un assistente AI in un team di lavoro ha migliorato la produttività del 14% in media (caso di customer service), con picchi di +35% per i lavoratori meno esperti​. Tradotto su scala macro, questo significa più output con lo stesso input di lavoro umano – un contributo significativo alla crescita economica.

Naturalmente, questi guadagni di produttività potrebbero accompagnarsi a ridefinizioni dolorose del mercato del lavoro se non gestiti attentamente. Il World Economic Forum prevede da qui al 2027 una perdita di 83 milioni di posti di lavoro a livello globale a fronte però di 69 milioni di nuovi posti creati da nuove esigenze e settori emergenti​. Questo saldo (-14 milioni, circa -2% dell’occupazione attuale) indica una transizione con forte “churn” occupazionale: alcuni ruoli diminuiranno (es. impiegati data entry, operatori di catena di montaggio sostituiti da AI e robotica), mentre aumenteranno le opportunità in altri (specialisti AI, analisti dati, ingegneri robotici, ecc.). Per i settori creativi digitali, lo scenario più probabile entro il 2030 è una contrazione di certe figure tradizionali (p.es. meno illustratori junior assunti, meno correttori di bozze, meno programmatori di routine) bilanciata però dalla crescita di nuovi ruoli complementari all’AI. Si pensi alla necessità di tutor dell’AI (persone che affinano e aggiornano costantemente i modelli generativi con nuovi dati e guide), di esperti legali per gestire contratti e copyright nell’era dei contenuti generati, di specialisti di esperienza utente AI (per progettare interazioni uomo-AI efficaci nei prodotti digitali). Inoltre, l’aumento di produttività può liberare risorse economiche da reinvestire in creatività: ad esempio, un’agenzia pubblicitaria che risparmia tempo nella produzione grazie all’AI potrebbe dedicare più budget a sperimentare idee innovative (e assumere creativi con competenze diverse).

Un punto chiave sarà l’aggiornamento delle competenze su vasta scala. Entro il 2030, abilità oggi considerate di nicchia diventeranno imprescindibili. La capacità di lavorare in sinergia con l’AI sarà richiesta praticamente in ogni job description dei lavori intellettuali: dall’editor video che deve saper usare tool AI per l’editing, al progettista che dovrà saper dialogare con sistemi di generative design per ottenere prototipi. La formazione continua diventerà la norma – già ora tre professionisti del marketing su quattro dichiarano di aver bisogno di specializzarsi ulteriormente per restare rilevanti​. Vedremo probabilmente programmi di reskilling massicci promossi sia dalle aziende che dai governi, per riconvertire lavoratori da mansioni automatizzate a nuove mansioni (es: trasformare impiegati amministrativi in analisti di dati generati dall’AI, riqualificare grafici tradizionali in designer di interfacce AI-driven, ecc.). Le cosiddette soft skills (creatività, pensiero critico, intelligenza emotiva) diverranno ancora più importanti: il WEF nota che proprio queste competenze umane saranno il complemento ideale alle capacità dell’AI, e la domanda per esse aumenterà man mano che l’AI assume i compiti più tecnici e ripetitivi​.

Da qui al 2030 l’intelligenza artificiale generativa avrà un impatto percentuale enorme su tutti i lavori digitali di natura intellettuale e creativa – impatto che possiamo quantificare in maniera duplice. Sul fronte dell’automazione, si stima che entro fine decennio circa metà delle attività svolte in questi lavori potrebbe essere automatizzata da algoritmi​, rivoluzionando processi e modelli organizzativi. Sul fronte della produttività, ciò potrebbe tradursi in un incremento a due cifre dell’efficienza: molti ruoli creativi potranno produrre dal 20% al 50% in più (o ridurre i tempi di consegna in proporzione) grazie all’AI, e a livello macro una spinta aggiuntiva di diversi punti percentuali alla crescita economica globale​. Sul fronte dell’evoluzione professionale, praticamente tutti i profili dovranno arricchirsi di nuove competenze legate all’AI (si pensi che il 85% dei lavori del 2030 potrebbe richiedere familiarità con strumenti di AI, secondo alcune analisi) e molti ruoli assumeranno denominazioni diverse. È verosimile che parleremo sempre meno di “sostituzione” pura e semplice di lavoratori, e sempre più di lavoratori aumentati dall’AI: il valore umano si sposterà verso ciò che le macchine non sanno fare – pensiero strategico, originalità, empatia, giudizio etico – mentre l’AI coprirà il resto. I settori digitali creativi diventeranno laboratori di co-creazione uomo-macchina. Chi saprà collaborare efficacemente con l’AI vedrà amplificata la propria creatività e produttività; al contrario, chi rimarrà ancorato ai soli metodi tradizionali potrebbe faticare a tenere il passo in termini di output e competitività.

L’orizzonte del 2030 tratteggia uno scenario in cui l’AI generativa è ubiqua nel lavoro intellettuale: non più novità ma componente standard degli strumenti professionali. Le professioni artistiche e creative continueranno ad esistere, ma saranno profondamente mutate “dall’interno”. La percentuale di contributo dell’AI nei prodotti creativi sarà elevatissima – spesso maggioritaria – ma il ruolo umano, lungi dallo scomparire, si evolverà per dare senso, direzione e valore alle infinite possibilità generate dalle macchine. Come ha osservato un co-fondatore di OpenAI, questa tecnologia “può già fare ogni sorta di cosa di cui le aziende oggi hanno bisogno; anche se non sostituirà del tutto il tuo lavoro, lo cambierà molto probabilmente”​. Prepararsi a questo cambiamento, con dati alla mano e lungimiranza, è la sfida e insieme l’opportunità dei prossimi cinque anni.

Fonti:

  • OpenAI, GPTs are GPTs: An Early Look at the Labor Market Impact Potential of Large Language Models
  • Brookings Institution, How AI is changing knowledge work
  • Goldman Sachs, The potentially large effects of Artificial Intelligence on Economic Growth
  • McKinsey, The economic potential of generative AI
  • Adobe, Future of Creativity: Generative AI Research Report
  • Gartner, AI in Marketing: 5 Trends That Will Redefine Marketing Strategies
  • Content Marketing Institute, How marketers are using AI in content creation
  • Reuters Institute, Journalism, Media, and Technology Trends and Predictions 2024
  • GitHub, The State of Developer Productivity 2023
  • World Economic Forum, The Future of Jobs Report 2023
  • Europol, ChatGPT and the impact of Large Language Models on law enforcement
  • Allied Market Research, Generative AI in Music Market Outlook
  • Statista, Market size of AI-generated video content worldwide
  • Harvard Business Review, How Generative AI is already transforming the marketing industry