Tutto ha inizio nel 2017, in un momento in cui l’intelligenza artificiale stava già facendo progressi, ma sembrava ancora lontana dal capire davvero la complessità del linguaggio umano. Un gruppo di ricercatori di Google, guidati da Ashish Vaswani e colleghi, decide di cambiare le regole del gioco e pubblica un articolo destinato a lasciare il segno: Attention Is All You Need. Prima di quel momento, l’elaborazione automatica del linguaggio era affidata a modelli ingombranti, complicati e lenti, basati su strutture ricorrenti come le reti neurali RNN e le LSTM. Questi sistemi, un po’ come chi legge seguendo le parole con il dito, analizzavano le frasi parola per parola, una dopo l’altra, cercando di tenere il passo con la complessità dei testi umani. Tuttavia, il loro approccio lineare soffriva di problemi tecnici rilevanti: il cosiddetto “vanishing gradient”, che rendeva difficile propagare le informazioni lungo sequenze molto estese, e la scarsa parallelizzazione, che rallentava drasticamente l’addestramento dei modelli.
La svolta arriva proprio con il concetto di attenzione. Si tratta di una filosofia nuova. Gli autori propongono di superare i vecchi schemi e introdurre un meccanismo capace di identificare autonomamente i punti chiave di una frase, ovunque si trovino. Per semplificare, si può immaginare l’attenzione come un faro che illumina le parole più rilevanti in un testo, assegnando a ognuna un peso diverso in base al contesto. Questo sistema si basa su tre elementi fondamentali: Query, Key e Value. La Query è la domanda implicita su cui ci si concentra, la Key è l’indizio che ci aiuta a trovare le informazioni giuste, e il Value è il contenuto effettivo che il modello utilizza per costruire la risposta.
All’interno del Transformer, questa attenzione viene amplificata dal meccanismo di “multi-head attention”, che consente al modello di osservare contemporaneamente vari tipi di relazioni tra le parole. Per mantenere il senso della sequenza, eliminando la rigidità delle reti ricorrenti, si introducono anche i “positional encoding”, che offrono al modello la capacità di percepire l’ordine delle parole all’interno della frase. L’architettura del Transformer include sia encoder, ideali per i compiti di comprensione come la classificazione o il riassunto, sia decoder, perfetti per la generazione di testo. Nella traduzione automatica, ad esempio, encoder e decoder collaborano attraverso un meccanismo di “cross-attention”, in cui l’input originale e il testo generato si influenzano reciprocamente.
Così prende forma il Transformer: elegante, potente, capace di cogliere le sfumature e i collegamenti tra le parole anche quando sono distanti molte righe fra loro. I primi esperimenti si concentrano sulla traduzione automatica, ambito in cui il Transformer comincia a brillare. Ben presto le sue potenzialità si rivelano adatte a una gamma molto più ampia di applicazioni, dalla generazione di testi alla sintesi automatica, fino alla comprensione e produzione di linguaggio naturale in maniera sorprendentemente fluida.
A questo punto la scena si sposta verso OpenAI. I ricercatori decidono di nutrire il Transformer con quantità sterminate di testi, senza limitarsi a incarichi specifici come la sola traduzione. L’idea è tanto audace quanto affascinante: se il modello potesse leggere miliardi di parole senza vincoli, avrebbe la possibilità di assimilare spontaneamente le regole profonde del linguaggio, proprio come accade durante l’apprendimento umano. Successivamente, un allenamento mirato lo avrebbe aiutato a eccellere nei compiti più specifici.
Nel 2018 prende vita GPT-1: il primo modello linguistico di grandi dimensioni basato sull’architettura Transformer. È il pioniere di quella che sarebbe diventata una delle famiglie di strumenti più influenti nel panorama tecnologico contemporaneo. Fin dai primi test, GPT-1 dimostra una sorprendente versatilità: è capace di completare frasi con coerenza, di rispondere a domande con una certa pertinenza, di riassumere testi articolati e di generare interi paragrafi di senso compiuto. Non siamo ancora ai livelli di naturalezza e profondità che conosciamo oggi, ma la direzione è chiara e promettente.
La storia, però, non si ferma qui. OpenAI continua a espandere la famiglia GPT con GPT-2, che impressiona il mondo con la sua capacità di generare testi lunghi e coerenti. Proprio la potenza di GPT-2 solleva interrogativi globali, al punto che inizialmente i ricercatori esitano a rilasciarlo pubblicamente. Segue GPT-3, che segna un salto di scala e di capacità straordinario, grazie ai suoi 175 miliardi di parametri. È qui che la tecnologia fa il grande balzo verso l’utilizzo quotidiano, culminando nelle interfacce conversazionali che oggi chiamiamo ChatGPT.
Nel frattempo, altri modelli Transformer emergono, arricchendo il panorama. Google sviluppa BERT, un modello di comprensione del linguaggio che legge il testo in modo bidirezionale, cogliendo meglio il contesto rispetto ai predecessori autoregressivi. Modelli come T5 e BART esplorano architetture encoder-decoder, rendendo ancora più flessibile l’applicazione del Transformer a una varietà di compiti.
Un aspetto decisivo di questa evoluzione è stato il concetto di “Scaling Laws”: più dati, modelli più grandi e potenza di calcolo aumentata permettono di migliorare le prestazioni in modo sistematico e prevedibile. Questo principio ha guidato lo sviluppo delle generazioni successive di modelli, spingendoli verso risultati sempre più sorprendenti.
Le applicazioni si moltiplicano. Oltre alla traduzione, generazione e sintesi, i Transformer oggi alimentano chatbot avanzati, assistenti alla programmazione, strumenti di analisi del sentiment, estrazione automatica di informazioni, personalizzazione dei contenuti e creazione di testi creativi come poesie o sceneggiature. Persino in ambiti scientifici come la biologia molecolare, modelli ispirati ai Transformer come AlphaFold hanno rivoluzionato la previsione della struttura delle proteine.
Questa rivoluzione ha catalizzato la ricerca e trasformato l’industria, dando vita a un nuovo ecosistema di startup e prodotti. L’intelligenza artificiale basata sui Transformer è diventata il cuore pulsante di assistenti digitali, strumenti di produttività e piattaforme creative.
Così è cominciato tutto: da un’idea coraggiosa e dalla voglia di superare i limiti del passato, è nato un ponte straordinario tra l’intelligenza umana e quella artificiale. Un ponte che si sta ancora costruendo, giorno dopo giorno, spingendoci verso orizzonti di comunicazione e creatività prima impensabili.